L’avventura di un produttore di vino, o come qualcuno molto più grande di noi, definisce “artigiano del vino” inizia certamente dalla terra ovvero dall’impianto del vigneto.
Questo passo fondamentale parte dal considerare il proprio terroir in cui si vorrebbe gettare le basi dell’iniziativa, la quale, se accompagnata dalla buona sorte, può durare anche 50 anni.
Oggi piantare un vigneto per la produzione di vino non è soltanto seguire una passione, almeno che non lo si faccia per hobby, ma anche un investimento economico ed una sfida nel tempo; ragion per cui è severamente vietato sbagliare. Se si pensa che un vigneto se ben piantato e curato nel corso del tempo può durare anche 30 anni è chiaro a chiunque che tipo di investimento sia in capitale economico che umano.
Servono così dei concetti che ormai quasi tutti i viticoltori capaci si danno per poter creare un vigneto nuovo sia esso in terreno già impiegato per la viticoltura o meno; questi sono fondamentalmente due: l’obiettivo enologico e il terroir di insediamento.
L’obiettivo enologico non è niente altro che il risultato che il produttore si prefigge di ottenere in chiave di prodotto fino ossia il vino che verrà fuori da quel vigneto grande o piccolo che sia.
In base a questa decisione ruoteranno tutta una serie di fattori che in seguito verranno spiegati e che determineranno sia l’impianto che tutte le future lavorazioni fatte dagli operatori.
Alcuni esempi sono: produrre vini qualità estrema oppure produrre vini semplici; creare un prodotto di nicchia o un prodotto di largo consumo; utilizzare vitigni autoctoni (nel caso ce ne siano) o vitigni internazionali…
Il terroir di insediamento è l’altro concetto e fattore chiave o per meglio dire fattore limitante, infatti quest’ultimo a seconda delle sue peculiarità pedologiche e climatiche può favorire o meno il raggiungimento di un certo obiettivo enologico, infatti in alcuni terreni non vocati sarà totalmente inutile intestardirsi per voler fare un grande vino.
Più nel dettaglio la zona dove si desidera fare il proprio insediamento vitivinicolo è determinante per la possibilità di avere uve di qualità, per la scelta del tipo di vitigno e portinnesto utilizzabile nonché sull’impiego delle future attività colturali e sui loro costi.
Datti i dettami generali di seguito vi proponiamo una piccola mappa concettuale delle decisioni e dei lavori che si susseguono per la messa a dimora di un nuovo vigneto.
- Stabilito l’obiettivo enologico si verifica se il terreno scelto è adatto a perseguirlo facendo analisi del terreno, proiezioni sull’andamento del clima e valutando sia l’esposizione che la storia dell’appezzamento entro il quale verranno innestate le nuove viti
- La lavorazione del terreno, viene infatti lavorato il terreno per prepararlo a ricevere le piante. Nella fattispecie a seconda delle colture precedenti presenti sul terreno e delle condizioni dello stesso si praticano o uno scasso o una rippatura o entrambi. Per chi non lo sapesse uno scasso è un’aratura del terreno molto profonda fatta per portare alla luce gli strati più profondi e ossigenare così la terra, inoltre, ha lo scopo di smuovere la terra per permettere poi alle future viti di radicare in profondità. La rippatura è un principio simile che si attua con un ripper e che smuove la terra negli strati più profondi senza però portarla in superficie.
- Successivamente vi è la concimazione e la preparazione del terreno, in questa fase praticamente con alla mano le analisi del terreno l’agricoltore va a fornire tutte le sostanze di cui il terreno è carente. Vengono scavati i solchi per la colatura dell’acqua se necessari e si rende in terreno adatto alla messa a dimora delle barbatelle.
- La scelta del sesto di impianto, ossia della struttura del vigneto che terrà conto di tutte le altre variabili prese in considerazione prima.
- La scelta del portinnesto, fase cruciale sia per la buona riuscita dell’impianto ovvero per l’attecchimento delle viti, sia per la produzione futura del vigneto; infatti il portinnesto è il fulcro di trasmissione tra il terreno e la pianta e le sue caratteristiche determineranno la qualità del prodotto e la produzione della pianta nonché la sua resistenza alle malattie.
- La scelta del vitigno che va di pari passo col portinnesto e deve seguire i due principi fondamentali del terroir e dell’obiettivo enologico. Vanno scelti per i vitigni da piantare i cloni affini ai portinnesti così da avere piante più resistenti e longeve nel tempo e che diano il prodotto desiderato.
- La messa a dimora delle barbatelle, le quali altro non sono che le piante di vite fatte dal portinnesto e dalla varietà scelti generalmente allevate e ricavate dai vivaisti a partire da piante madri. Queste posso essere interrate attraverso varie metodologie, ma le più usate di solito sono due.
- L’ultimo passaggio è la stesura degli elementi di struttura dell’impianto come pali e fili se il sesto di impianto prevede le controspalliere (i comuni filari) oppure di pali singoli su cui cresceranno una o due piante se la forma di allevamento è ad alberello come in alcune isole greche o alcune coste del Mediterraneo.